Massimo Marano nato nel 1956 a Monteforte Irpino (AV), si diploma all’Istituto d’Arte di Avellino e consegue la laurea in Industrial Design all’ISIA di Roma. Dal 1970 comincia ad affacciarsi nel mondo dell’arte realizzando i suoi primi dipinti. Nel 1980 fonda lo studio di grafica pubblicitaria Mastergrafica
Ha partecipato a numerose mostre in Italia, in Europa e in America con personali e collettive ricevendo prestigiosi premi nazionali ed internazionali. Espone permanentemente le sue opere in alcune collezioni private, in gallerie e nel suo studio di Avellino.
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Le tonalità cromatiche, eseguite alla maniera degli antichi, sono condotte con occhio vigile e mano sapiente, perché lo scopo principe di Marano è inscenare la luce e l’ombra nel quadro, come ovvietà reale ed esistenziale del mondo dei suoi musicisti, che vivono della luce del suono. Nel taglio espressivo, egli tiene anche conto della connotazione sociale e psicologica con una partecipazione emotiva, che trasmette le stesse emozioni a chi osserva. Questi musicisti appaiono in totale simbiosi con i loro strumenti. Sono quindi narrazioni visive che suscitano, attraverso l’apparente staticità della tela, sensazioni di suoni e voci di canto. Naturale e persino ovvio il riferimento a New Orleans con i suoi locali, con le sue strade, con i dignitosi musicanti di colore: ed è questo il repertorio poetico di Massimo Marano, che egli rende emblematico in una sapiente enunciazione figurativa, che ha una sua classicità nella rappresentazione. Al centro della ricerca di Marano, l’apporto tematico della musica come prima attrice della pittura è anche lo specchio di un’altra verità, quella esistenziale dell’uomo che riscatta dolore e miseria attraverso la magia di un rito antico e sublime. L’arte della pittura ha un suo magico mistero, e richiede doti molto speciali. Molte volte mi sono chiesto da dove provenga quella particolare esigenza interiore di esprimere le proprie emozioni tramite il colore e il segno, in un racconto chiuso e concluso quando si tratta di figurazione, o aperto all’infinito, come accade a non pochi pittori dediti alla ricerca informale. Una possibile risposta, che mi soddisfa perché esaustiva, mi è stata data da questo recente ciclo di dipinti a olio su tela di Massimo Marano, dedicato a I colori del Blues, dove la musa ispiratrice è l’armonia triste e gioiosa del jazz, amorosamente evocata in questi musicanti di concreta evidenza espressiva. Per il nostro occhio vigile sono qui presenti molti elementi di tenuta: il nostro maestro di Avellino, in ogni sua composizione pretende tutto da se stesso e risponde appieno a ciò che si richiede alla pittura, secondo i canoni della tradizione. Massimo Marano, e di questo gli si è grati, nulla lascia al caso durante la suadente stesura del colore, giocato attraverso puntigliosi passaggi, meticolose campiture, grazie alle quali le immagini rimangono magicamente compatte.
Paolo Levi